Libertà.

Perché ho scelto questa parola? E’ una parola tanto usata, a volte abusata; si sono combattute guerre e battaglie per lei. E’ un diritto inalienabile dell’uomo, un diritto che un cefalalgico quasi mai ha.

Giorgio Gaber diceva che la libertà è partecipazione. E la libertà è proprio una delle cose più importanti che questo male ti toglie, perché non ti fa essere libero, libero di partecipare alla vita, di scegliere, di programmare e di condividere. Non sei libero di organizzarti, di programmare un’uscita, una cena.. perché se arriva lui ti stravolge tutto e ti impedisce di fare quello che volevi o dovevi fare. E così annulli, rimandi, piccole e grandi cose: un pranzo in famiglia, una gita con amici, la spesa, spesso addirittura il lavoro.. una, due, mille volte.. quante rinunce, una vita di rinunce.

Rinunci a un viaggio perché è troppo pesante, a un bicchiere di vino, a fare le ore piccole.. e se non lo fai poi la paghi. E gli altri? Glielo leggi negli occhi o lo senti nella voce, il disappunto, la delusione, il rimprovero o lo scherno.. anche la libertà di chi sta più vicino è condizionata da questo male. Sentire la tua famiglia che cena mentre tu sei a letto al buio o immaginare gli amici fuori senza di te a divertirsi ti fa stare ancora peggio. Non poter condividere tutto il tempo e le esperienze che vorresti con chi ami fa male, tanto male. Come fa male non poter scegliere cosa fare e quando farlo: il rapporto col tempo per noi è tutto particolare, ti sembra sempre ti sfugga di mano, ti sembra sempre di perderlo.

Ci sei tu prigioniero di una gabbia invisibile che ogni tanto si apre e ti fa volare un poco fuori, allora assaggi un pezzetto di libertà, ma dura poco e quando rientri nella gabbia ti manca ancora di più e ti monta una rabbia dentro, una frustrazione indicibile.

In passato mi arrabbiavo moltissimo: con la mia testa, con chi non mi capiva.. quanto volevo essere come gli altri giovani, che facevano cento cose senza stancarsi e uscivano e ballavano fino al mattino e poi via il giorno dopo a lavorare o studiare con quattro ore di sonno alle spalle. Qualche volta l’ho fatto ma poi l’ho pagata.

Tante volte mi sono sentita in colpa per aver deluso gli altri o mi sono “impillolata” pur di fare quello che dovevo fare; quando ci tenevo a qualcosa in particolare mi montava l’ansia già il giorno prima “fa che non stia male domani, ti prego”. E allora alla fine ti isoli, riduci i rapporti sociali per non deludere gli altri e te stessa. Ora col tempo tutto ciò mi succede molto meno, ho imparato ad accettarmi di più e sto godendo delle piccole conquiste di libertà che a volte riesco a strappare. Parlo senza quasi più vergogna della mia malattia e mi circondo di persone che mi capiscono e accettano per quello che sono, è difficile tenere un equilibrio tra la solitudine e la condivisione, tra l’attività e il riposo e la giusta distanza con le persone è importante: un po’ come un pianeta dal suo sole, mai troppo vicino, mai troppo lontano.

Il forum, il gruppo facebook di Al.Ce ci regalano un sprazzo di libertà, perché qui, in uno spazio protetto e virtuale possiamo essere noi stessi senza giudizi, sfogarci e trovare sostegno tra noi che ci capiamo fin troppo bene, e partecipando, condividere finalmente in libertà.