La definizione di Leggerezza che qui mi interessa è: capacità di vivere e accettare con serenità e con equilibrio situazioni e avvenimenti, senza drammatizzarli o senza cercarvi significati profondi e reconditi: con leggerezza / raccontami ogni cosa / anche la tua tristezza (Cavalli).
Una chiave grazie alla quale fare i conti al meglio con il clima esistenziale che ci circonda.
Il mandato che ci impone la società è quello che: bisogna essere elastici, veloci, competenti, performanti, pieni di attitudini e capaci di rivestire bene molti ruoli.

Questo clima di tensione continua contagia chiunque.
Noi che per giunta dobbiamo compensare il gap del nostro dolore avvertiamo ancora di più questo senso di pesantezza, di sforzo, di preoccupazione e pericolo, in una parola: ci ritroviamo dentro un alone di ansia costante. Da questo ritmo incalzante ci lasciamo trascinare pensando che la nostra esistenza possa essere condotta solo in quel modo; così faticoso e pesante che alla lunga ci schiaccia.

Arriviamo a consumarci, a covare rabbia sia verso il destino che verso gli altri che tra l’altro probabilmente stanno come noi.
Ecco la necessità di togliere peso.
Ritrovare la leggerezza è ricordarsi che la vita non è solo sofferenza o solo dovere, serietà, dolore, sacrificio. E’ anche questo ma noi dobbiamo legittimarci a vivere la parte lieve della vita proprio per contrapporci alla fatica e al suo peso.

Nel nostro caso specifico di persone con dolore cronico per me leggerezza significa proprio dare un calcio a queste pesantezze: il senso di colpa che può essere quello di prendere un farmaco di troppo e poi rimuginarci su per ore o giorni; il senso del dovere, di inadeguatezza, di inferiorità e a volte persino il vittimismo ..., scalciare l’alone di mestizia.

La leggerezza parte dall’accettazione del limite, risiede nella possibilità di distaccarsi da ciò che ci opprime per prendere la giusta misura di noi stessi e della vita, (quindi prendiamo le misure del nostro potenziale in rapporto alla realtà e non ci confrontiamo) è la possibilità e la necessità di dare il giusto peso alle cose. Noi malati cronici sappiamo che l’esposizione al dolore che la vita può presentare è frequente e può essere anche costante, quindi dobbiamo imparare ad abitare la nostra vita prendendoci cura di lei e di noi insieme ad altri che come noi vivono la vita con questo obiettivo di guarigione sapendo però che guarire comprende anche la capacità di soffrire. Ecco allora che dobbiamo prendere in carico la nostra esistenza non come peso, ma come responsabilità con la consapevolezza di poter agire /in modo che la vita possa essere anche bella e felice nonostante le sue fatiche e adoperandoci perché sia ogni giorno abitata da qualcosa di leggero che nutre. Allora apriamo la finestra e cambiamo aria alla nostra vita, perché là dove la vita non cambia possiamo cambiare noi il modo di vederla e di viverla.

E ricordarci di ridere, liberarsi dal peso di tensioni con una risata, prendere le cose non sempre o non troppo sul serio.
/ Ridiamo di noi stessi, cominciamo così... sdrammatizzando un po’.

L’arte di vivere che si impara per tutta la vita... come diceva Seneca qualche tempo fa.
E sempre in tema di citazioni ho estratto un breve pezzo di una poesia di Patrizia Cavalli che mi piace molto e questa frase riassume la sintesi di quel che voglio dire:

"... con leggerezza / raccontami ogni cosa / anche la tua tristezza"

Ecco quello che dobbiamo cercare è l’equilibrio migliore tra queste due cose: leggerezza e tristezza, creare alternanza tra il pieno e il vuoto, la parola e il silenzio.