È difficile dirlo e ancora di più è difficile spiegarlo per noi che viviamo da sempre la sottovalutazione della nostra sofferenza. Fin dalle scuole elementari siamo considerati bimbi problematici che non vogliono impegnarsi e il disagio aumenta con gli anni, non solo nella scuola, perché queste difficoltà si espandono in tutti gli ambiti: famigliari, lavorativi e affettivi.

Ci fanno sentire persone sbagliate colpevoli di avere un male invisibile.

Molti cefalalgici cronici manifestano segni di disagio per una vita vissuta da precario della salute, abituati a convivere con attacchi di ansia continui, ma non ne parliamo quasi mai, perché avere l’emicrania è segno di debolezza nel pensiero comune, così ci rivolgiamo alle farmacie cercando per prima cosa aiuto nell’automedicazione, arriviamo dal medico che ormai siamo già cronici e questo, a parer mio, è dovuto anche alla cattiva informazione e alla sottovalutazione di questa malattia.

Dobbiamo adattarci a vivere una vita intera con un dolore a volte insopportabile e con terapie che non danno i risultati sperati, terapie che portano effetti collaterali talmente importanti che cambiano il nostro essere, tanto da non riuscire più a capire chi siamo e alle volte fanno di noi le persone che non avremmo mai voluto essere. Ma è difficile spiegare che riusciamo ad avere momenti di vita decente solo grazie all’assunzione di farmaci sintomatici in grosse quantità, che sono causa della cronicizzazione del nostro mal di testa, ma senza i quali è quasi impossibile vivere.

La condizione che viviamo ci rende più vulnerabili al dolore, la soglia del dolore in questo caso conta ben poco, dovrebbero misurare la nostra qualità di vita e la forza che abbiamo di sopportare ogni giorno il male che ci invade la testa. La soglia del dolore non esiste più per noi, abbiamo dolore sempre, anche quando siamo liberi da lui, perchè se solo scuotiamo leggermente la testa, lui si fa sentire e ci dice “non esagerare, io sono qui e se voglio ti rovino la vita”. Vengano a parlarne con me di soglia del dolore alta o bassa e glielo spiegherei io per bene cosa patisce una persona che ha mal di testa quasi tutti i giorni. E’ solo la nostra grande volontà che ci rende capaci di occuparci del lavoro e della nostra famiglia nelle poche ore libere dal dolore, perché siamo persone con una grande volontà, lavoratrici instancabili, ed è difficile trovarci in arretrato con il lavoro perché facciamo oggi quello che dovremmo fare domani perché non sappiamo se domani saremo in grado di farlo e ci fermiamo solo quando ci tolgono la speranza.

Molti di noi hanno avuto una vita intera di gioie rovinate dal dolore e per raccontare qualcosa di positivo dobbiamo raccontare briciole di vita che abbiamo trasformano in tesori e proprio su quei tesori abbiamo costruito la loro forza. La cefalea cronica demolisce la nostra esistenza rubando tutto quello che di bello può darci la vita, perché devasta la nostra anima e la fa a pezzi. Sono poche le persone che comprendono quanto siamo forti e capaci, nessuno come noi riesce a trasformare gli scampoli di tempo in intere giornate e ci vuole sempre una forza immensa per organizzare il futuro.

Il giorno 8 luglio scorso è stato approvato dal Senato il DISEGNO DI LEGGE n. 1250 che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale, obiettivo che la nostra bellissima Associazione Al.Ce. (Alleanza Cefalalgici), gruppo operativo della Fondazione CIRNA Onlus, si era prefissata di raggiungere fin dal lontano 2007. Ottenere il giusto riconoscimento che ci facesse esistere come malati, iniziando appunto quell’anno con una Interrogazione Parlamentare, Atto n. 4-0242, è stato da allora il suo impegno quotidiano, che è proseguito con Audizioni in Senato, portando la testimonianza fatte da migliaia di pazienti cronici in tutte le Sedi Regionali e Istituzionali. Io stessa ho girato tutta l’Italia avendo sempre nel cuore questo obiettivo.

Ora, finalmente, questa Legge è arrivata, ma c’è ancora tanto da fare e Al.Ce. dovrà continuare il suo impegno affinché al cefalalgico sia data la doverosa assistenza. Un paziente non può aspettare per una visita un anno, in alcuni casi anche di più; quando finalmente si trova davanti allo Specialista non può avere il tempo solo di dire buongiorno e poco altro. Gli Specialisti sono per noi la prima terapia e devono avere il tempo necessario per farci sentire che sanno come stiamo. Per questo si dovrà lavorare in tutte le Regioni e si dovrà lavorare anche per tanto altro che ora non posso elencare perchè mi servirebbero 100 pagine e ancora non basterebbero.

Ancora ne abbiamo di strada, altre montagne da scalare e si sa che non sarà facile, perché nessuna montagna si lascia scalare senza toglierti il fiato.

 

Lara Merighi,
Coordinatore laico di Al.Ce. Italia