Dott.ssa Pazzi, in cosa consiste la valutazione psicodiagnostica di un paziente con cefalea?

La valutazione psicodiagnostica è utile per considerare il paziente all’interno di un modello bio-psicosociale, che permette di considerare la salute come un risultato dell’interazione di fattori biologici, psicologici e sociali. In questa ottica, la valutazione psicodiagnostica è un momento importante che prevede un colloquio individuale con il paziente, aiutato a riflettere sui possibili aspetti psicologici e ambientali collegati alla cefalea. Da una parte, il paziente viene invitato a considerare l’impatto della cefalea sulla propria vita e le possibili ricadute sul piano emotivo, dall’altro, si indaga sui possibili fattori scatenati/di mantenimento del dolere. Durante la valutazione è importante, inoltre, considerare eventuali comorbidità psichiatriche che possono essere antecedenti o conseguenti alla cefalea e che vanno individuate per essere adeguatamente affrontate. Tra le più comuni risultano i disturbi d’ansia e dell’umore.
Oltre al colloquio clinico, che resta lo strumento elitario durante il percorso di valutazione, lo psicologo può avvalersi di strumenti testistici auto-compilativi che vanno ad integrare o approfondire elementi emersi durante l’intervista, come ad esempio test di personalità che aiutano il clinico ad avere un quadro più chiaro rispetto alla situazione del paziente.

 

Quale aiuto può venire dalla psicoterapia?

La psicoterapia per un paziente cefalalgico non è un percorso sostitutivo al tradizionale intervento farmacologico. Si tratta di due vie complementari che il paziente può percorrere per affrontare aspetti connessi alla cefalea. L’azione combinata di entrambi spesso migliora l’efficacia degli interventi stessi. Nei casi in cui è presente una conclamata comorbidità psichiatrica. la psicoterapia diventa un intervento necessario e fondamentale.

 

La psicoterapia è indicata per tutti i pazienti e per tutte le cefalee o può essere efficace solo in alcuni casi?

Spesso, si associa la necessità di un percorso di psicoterapia solo nel caso in cui sia presente un disturbo emotivo. In realtà, non è così. La psicoterapia è indicata per tutti i pazienti cefalalgici perché innanzi tutto offre uno spazio d’ascolto per il paziente, permette di assumere un ruolo attivo nella sua cura e favorisce la compliance. La psicoterapia permette, inoltre, di affrontare in modo diverso l’esperienza del dolore.

 

Cosa prevede la psicoterapia convenzionale?

Nel panorama internazionale esistono diversi orientamenti teorici rispetto alla psicoterapia. Io, ad esempio, sono una terapeuta cognitivo comportamentale. In base all’orientamento teorico del clinico può cambiare il lavoro terapeutico, che comunque viene sempre costruito sulla persona. Una psicoterapia convenzione dovrebbe comunque considerare, come focus dell’intervento, l’individuazione dei meccanismi psicologici personali di attivazione emotiva e cognitiva che si innescano al presentarsi della cefalea, al fine di essere maggiormente consapevoli delle ricadute comportamentali di tali reazioni emotive e cognitive.
La psicoterapia fornisce al paziente gli strumenti per modificare eventuali atteggiamenti disfunzionali. Consente, inoltre, di identificare l’eventuale ruolo dello stress, favorendo l’acquisizione di strategie individuali più efficaci per la sua gestione, eventualmente implementando le abilità sociali e assertive del paziente. Durante il lavoro di psicoterapia è fondamentale aiutare il paziente ad essere maggiormente consapevole dei comportamenti maladattivi di fronteggiamento del “mal di testa”, come ad esempio l’abuso di medicinali.

 

Quali sono le tecniche di rilassamento più comuni e quando sono applicate?

Le tecniche di rilassamento nella terapia della cefalea possono essere usate dallo psicologo sia all’interno di un percorso d psicoterapia sia in sessioni specificatamente dedicate ai training, per esempio in terapie di gruppo. Per quanto concerne le tipologie di tecniche tradizionali, vengono attualmente ancora utilizzate con successo il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson e il training autogeno, che hanno come obiettivo non solo la riduzione dei sintomi ma anche una miglior risposta allo stress, al fine di ristabilire un adeguato equilibrio psicofisiologico nell’organismo.
Anche il biofeedback è uno strumento molto utilizzato da anni per raggiungere il rilassamento e ridurre la frequenza del mal di testa. Consiste in una strumentazione elettronica che indica all’individuo alcuni suoi eventi fisiologici interni sotto forma di segnali visivi o acustici, allo scopo di addestrarlo a modulare tali eventi mediante il controllo dei segnali che vengono presentati.

 

Ci sono tecniche emergenti che stanno prendendo piede?

Assolutamente sì. Tra le tecniche emergenti applicate nel trattamento non farmacologico della cefalea troviamo la Mindfulness e l’Acceptance and Commitment Therapy. Entrambi gli approcci sono stati usati negli Stati Uniti per affrontare diverse patologie che presentavano una forma cronica di dolore e, solo recentemente sono state applicate al trattamento della cefalea.
La Mindfulness è un approccio che ha le sue radici nell’induismo, nel taoismo e nel buddismo, ma che ha acquisito una nuova forma con il lavoro di Kabat-Zinn in un approccio definito di “riduzione dello stress basato sulla Mindfulness (MBSR)”. Tale approccio prevede la pratica della consapevolezza all’interno di sessioni strutturate, allo scopo di promuovere l’accettazione e la consapevolezza di se stessi, la situazione attuale ed il dolore, aumentare l’autoefficacia di fronte a situazioni quotidiane difficili, oltre a migliorare la gestione dei sintomi. Non è una tecnica di rilassamento, ma la pratica agisce nel migliorare il benessere globale della persona.
L’Acceptance and Commitment Therapy è un approccio di psicoterapia che si basa sulla mindfulness e sul concetto di flessibilità psicologica. L’obiettivo di questa prospettiva non è la riduzione dei sintomi, ma, attraverso un nuovo approccio all’esperienza vissuta, la modificazione profonda della relazione che si ha con i pensieri disfunzionali e le emozioni negative. Essa produce una riduzione della sintomatologia, ma come conseguenza di tale cambiamento di prospettiva e non come obiettivo primario.
Gli approcci e le tecniche sono tanti e lo psicologo, mediante una valutazione psicodiagnostica accurata, sulla base della storia clinica del paziente e sulla presenza di eventuali comorbidità, può dare indicazioni rispetto al trattamento più adeguato.
Infine, è importante ricordare che i migliori risultati si ottengono dall’associazione di un intervento psicologico e farmacologico combinato

 

Intervista a cura di Roberto Nappi