Tra tutte le cose tirate fuori da una borsa, in un ambulatorio con le serrande mezze abbassate, non mi è mai capitato di vedere tirare fuori un pacchetto di sigarette. Su quella scrivania di legno, che certe volte pare il tavolo di un interrogatorio, metterlo lì come imputato per il proprio mal di testa quando si chiede al paziente di buttare fuori il rospo e confessare cosa gli scateni, secondo lui, gli attacchi di cefalea.
La cioccolata, le noci, il profumo dell’ufficio, gli occhiali nuovi, il telefono, anche la moglie o il marito, ma mai, mai un pacchetto di sigarette. Eppure, si sa che il fumo di sigaretta fa male e, come si direbbe a Roma, “Ma mo’ non voi che te fa pure male alla testa?”.

La risposta è purtroppo, inevitabilmente, sì. Diverse sono le sostanze dannose in una sigaretta, per il mal di testa e non solo. Alcune sono sostanze tossiche, cancerogene, pro-infiammatorie ed ossidanti, che non hanno bisogno di molte spiegazioni oltre il loro stesso nome. Altre sono più complesse e tra queste ce n’è una con la quale il fumatore ha una relazione più profonda: la nicotina. La nicotina è un alcaloide contenuto nelle foglie della pianta del tabacco, rilasciata nel momento in cui queste vengono riscaldate. Una volta inalata è in grado di attivare, in circa cinque secondi, la trasmissione neuronale eccitatoria, in particolar modo quella mediata dalla dopamina e dall’acetilcolina. Alcuni dei neuroni su cui agisce, dopaminergici e colinergici, sono localizzati all’interno di un circuito chiamato “Sistema della ricompensa”. Il meccanismo alla base di questo sistema è semplice: vediamo qualcosa di interessante, decidiamo di ottenerla, la otteniamo e riceviamo un premio neurotrasmettitoriale che si traduce nel “senso di gratificazione”.
Ciò che rende qualcosa “interessante” è definito dalla propensione del nostro cervello ad approcciare nuovi stimoli. Questa attitudine viene definita “sensation seeking”, letteralmente “ricerca delle emozioni”.
Nei pazienti emicranici il sensation seeking è aumentato e li rende più propensi ad iniziare a fumare, oltre che ad avere maggiori difficoltà a smettere. Il sistema della ricompensa raggruppa le aree del cervello maggiormente attive nelle prime fasi delle relazioni sentimentali. Nel caso delle relazioni, il circolo della ricompensa si basa sull’interazione tra due persone e le variabili implicate nel raggiungimento della gratificazione sono molto più complesse e non totalmente sotto il controllo del singolo, rendendo il raggiungimento dell’obiettivo solo un’ipotesi; nel caso della nicotina, questa ipotesi non esiste ed il sistema è destinato ad essere soddisfatto. Infatti, la nicotina non solo sfrutta il processo di sensation seeking per farsi acquistare, ma rinforza l’interazione neuronale nel momento in cui, raggiunti i centri del circolo delle ricompense, iperattiva lo stesso sistema che ha portato il fumatore a desiderarla. Praticamente un partner perfetto. È forse per questo che sul tavolo degli imputati non ci va mai. Sembrerebbe il ritratto di una coppia felice, ma evidentemente non lo è, altrimenti non staremo qui a parlarne. Infatti, mentre non ce ne accorgiamo, accecati dai circuiti eccitatori, in estasi per la facilità con cui possiamo raggiungere ciò che desideriamo, la nostra relazione con la nicotina ci sta facendo del male. In questa frequentazione con il nostro alcaloide preferito stiamo assumendo, se lui da solo non bastasse, anche una serie di altre sostanze che compongono il fumo di sigaretta: le nitrosamine, l’ossido nitrico, il monossido di carbonio, i radicali liberi, l’acroleina e tutte le altre molecole ossidative, infiammatorie e cancerogene.
Come abbiamo detto in precedenza, il paziente con cefalea è più propenso all’abitudine del fumo e su di lui gli effetti possono essere anche peggiori rispetto alla popolazione generale. La nicotina può infatti aumentare la sensibilità dei recettori del dolore, modificando il flusso di sangue al cervello mediante la sua azione vasospastica, ma anche riducendo l’efficacia dei farmaci antidolorifici assunti per alleviare il dolore. Inoltre, il complesso delle altre sostanze contenuto nel fumo di sigaretta può aumentare il rilascio di una proteina chiamata PACAP.
Questo neurotrasmettitore è implicato nell’innesco dell’attacco emicranico e sono attualmente in corso ricerche per contrastarne l’azione.
Se non bastassero gli effetti acuti a scoraggiare un fumatore emicranico, ancor peggiori sono quelli a lungo termine. Nella popolazione emicranica, soprattutto nella sottopopolazione con aura, esiste infatti un aumentato rischio di eventi ischemici del sistema nervoso. Secondo alcuni studi, nella popolazione emicranica tale rischio aumenta di nove volte rispetto ai non fumatori. Inoltre, per i pazienti emicranici fumare aumenta il rischio di sviluppare depressione, disturbi della sfera sessuale e riduce la capacità di reazione al dolore e agli stress.
Chiarito ora che le sigarette fanno male anche al mal di testa, in caso qualcuno stesse pensando il contrario, bisogna capire come interrompere questo circolo vizioso e quali sono le conseguenze. Interrompere una relazione è sicuramente difficile, soprattutto se con un partner come la nicotina. Se dovessimo decidere di smettere di fumare, la nicotina farà di tutto per non farsi lasciare. Infatti, la semplice assenza di questa sostanza è in grado di generare sintomi quali l’insonnia, l’ansia, la depressione e la voglia compulsiva di poter fumare ancora.
Come se queste sensazioni non bastassero, il fumo di sigaretta ha un asso nella manica: la cefalea “da rimbalzo”. Questo tipo di cefalea segue l’interruzione del fumo, così come di altre sostanze di abuso come i farmaci antidolorifici, e si presenta con caratteristiche atipiche, un dolore molto forte, che spesso non risponde neanche ai normali trattamenti sintomatici.
Un ultimo disperato tentativo, da parte del nostro alcaloide, per farci credere che senza di lui staremo peggio, la concessione da parte del nostro cervello di un’altra possibilità a un amante che ci ha fatto soffrire e ci fa tanto male. Se fumi, dovresti smettere, lo sai. Se non riesci a smettere, almeno fumatene qualcuna in meno e chiedi aiuto!

 

 

Francesco Casillo
Medico Chirurgo, specialista in
formazione in Neurologia della Sapienza,
Università di Roma