La “MIGRAINE RELIEF ROOM”, il cui prototipo è stato presentato in occasione della Design Week di Milano lo scorso aprile, è uno spazio dedicato alle persone che soffrono di emicrania, un ambiente accogliente, protettivo ed in grado di fornire sollievo sul luogo di lavoro.

L’iniziativa, sponsorizzata da Novartis, costituisce un primo passo e un segnale forte nel percorso in cui anche Al.Ce. è impegnata, con lo scopo di aumentare la consapevolezza sociale riguardo l’emicrania. In particolare, qui parliamo di come è possibile migliorare la gestione di un attacco di emicrania sul posto di lavoro.

Sono tanti, infatti, gli emicranici che lavorano e che quotidianamente si trovano ad affrontare la gestione della compatibilità tra la malattia ed il lavoro. Il 90% degli affetti da emicrania dichiara di non essere in grado di lavorare o svolgere le attività quotidiane a causa dei sintomi. Si ricorda, inoltre, che la personalità dell’emicranico porta spesso a peccare di “presenteismo”. Si cerca, cioè, di limitare al minimo indispensabile il numero di giornate di assenza dal lavoro a causa degli attacchi di emicrania invalidanti, con il rischio di essere fisicamente presenti al lavoro, ma non produttivi.

La principale finalità della Migraine Relief Room è proprio quella di fornire al dipendente emicranico un ambiente in cui ci si possa ritirare in occasione di un attacco di emicrania, durante l’orario di lavoro, quando il lavoratore non è in grado di svolgere il proprio lavoro proprio a causa dei sintomi dell’attacco. E’ indispensabile ricordare che, oltre al dolore, un attacco di emicrania porta con sé tanti altri sintomi, tra i quali: ipersensibilità a tutti gli stimoli esterni (luci, rumori, odori), confusione mentale, nausea, vomito, difficoltà nel linguaggio e ad articolare parole, sensazioni di freddo/caldo intenso, aura.

Il prototipo presentato è una stanza che minimizza tutti gli stimoli esterni (luci, suoni, odori), fornisce comfort (poltrone/divani, cucina) e consente quindi di mettersi nelle condizioni ottimali per la gestione di un attacco emicranico, in attesa che il farmaco assunto faccia effetto o di una remissione dei sintomi. Una soluzione di questo tipo può consentire al lavoratore di limitare l’assenza dal lavoro ad alcune ore, anziché estenderla all’intera giornata, con evidente vantaggio da parte dell’azienda.

La proposta di Migraine Relief Room costituisce un segnale forte per le aziende: è ora di prendere consapevolezza della presenza dell’emicrania quale malattia neurologica invalidante del lavoratore e procedere con politiche a tutela del lavoratore emicranico.
L’implementazione di una Migraine Relief Room in un’azienda costituisce una dimostrazione da parte di quest’ultima dell’interesse posto nei confronti del benessere del lavoratore, che sta alla base della sua produttività. Un lavoratore emicranico dipendente di un’azienda dotata di una stanza di questo tipo avrà sicuramente più fiducia nel proprio datore di lavoro e si sentirà rispettato riguardo la patologia di cui è affetto, con conseguente riduzione delle cause di disagio sul luogo di lavoro.

La Migraine Relief Room, come mostrato dal prototipo, può essere realizzata con un costo contenuto e ciò ne consente la realizzazione anche da parte di aziende piccole o medie con un investimento minimo.

La presenza di una Migraine Relief Room in azienda ha come conseguenza anche la sensibilizzazione dei colleghi e dei responsabili di lavoratori emicranici riguardo questa malattia neurologica, che non è un semplice mal di testa, ma è invalidante e deve essere riconosciuta dalla società e dal mondo del lavoro come qualcosa che nulla ha a che vedere con una “scusa per non lavorare”.

Grazie alle associazioni di pazienti e alla collaborazione con case farmaceutiche, è possibile muovere passi avanti nel riconoscimento in ambito lavorativo dell’emicrania.

Il lavoratore emicranico, quando messo in condizioni ottimali sul luogo di lavoro, è perfettamente in grado di svolgere la propria attività, anche con alti livelli di produttività e affidabilità. Il prossimo passo è quindi quello di esportare questo modello nelle aziende, con l’obiettivo di mettere in atto il cambiamento culturale che questa patologia merita e richiede.

Federica Grossi
Referente Al.Ce. Europa