L'aglio e il mal di testa

Mi auguro che non dobbiate baciare nessuno e non abbiate problemi digestivi, perché oggi parliamo di una spezia che o si ama o si odia, ma non può proprio lasciare indifferenti: l’aglio!

L’aglio (Allium sativum) è una pianta appartenente alla famiglia delle Liliaceae; originario dell’Asia centrale e del Medio Oriente, è utilizzato da più di 5000 anni sia come alimento (viene impiegato per insaporire piatti in tutto il mondo) che come rimedio naturale per una varietà di disturbi in diverse tradizioni medicinali, dalla medicina popolare egiziana alla tradizionale cinese, passando per quella ippocratica (lo considerava un valido rimedio per le malattie respiratorie e per migliorare la resistenza fisica), fino ad arrivare alla fitoterapia moderna per i suoi effetti antibatterici, antinfiammatori e antiossidanti. Senza dimenticare che dovrebbe proteggerci pure dai morsi dei vampiri (forse è per questo che è così tanto consumato nei paesi balcanici, in Ungheria e Romania). Scherzi a parte, oggi l’aglio è comunemente usato per migliorare la salute cardiovascolare, abbassare i livelli di colesterolo e per il supporto immunitario. La ricerca sta anche indagando l’articolato rapporto tra questo vegetale e la cefalea, ma si tratta appunto di una relazione complessa e contraddittoria, coerente con il racconto che molti pazienti fanno: c’è chi ha mal di testa solo a sentirne l’odore, chi invece dice di sentirsi meglio quando lo può assumere con regolarità. Insomma, l’argomento richiede un’analisi approfondita delle evidenze scientifiche disponibili.

Partiamo dagli aspetti negativi. Gli emicranici spesso sono osmofobici e talvolta un odore sgradito è in grado di scatenare l’attacco di emicrania. Tra questi ci può essere pure il forte e pungente odore dell’aglio, dovuto alla presenza di molecole contenenti zolfo. Addirittura, è stato descritto il caso di una paziente in cui l’assunzione o il solo odore di aglio (e delle allicine, i suoi composti aromatici) era in grado di scatenare con una certa regolarità attacchi di emicrania con aura. L’ipotesi di fondo era che vi fossero reazioni avverse indotte dall’odore, dal cambiamento emotivo, dall’instabilità vasomotoria mediata dal rilascio di ossido nitrico (NO), dall’infiammazione neurogena a carico del sistema trigemino-vascolare, o una semplice risposta allergica.

Tuttavia, per una paziente che peggiora con l’aglio, ve n’è descritta un’altra che migliora: è presente in letteratura il caso di una paziente afflitta da una cefalea di tipo tensivo cronico in cui l’integrazione dell’aglio nella dieta ha comportato un significativo beneficio sul mal di testa. Certo, è un’osservazione aneddotica, ma suggerisce che l’aglio possa avere un potenziale beneficio per alcuni pazienti. Questa apparente contraddizione tra i dati a favore e quelli a sfavore suggerisce che l’effetto dell’aglio sulla cefalea possa variare considerevolmente da persona a persona, in funzione di fattori come la predisposizione individuale, il tipo di cefalea e la quantità di aglio assunta.

Ma perché parlarne se si tratta di singoli casi e in assenza di studi? Beh, in primis perché l’aglio è appunto una spezia molto usata e in cui è facile imbattersi, ma soprattutto perché c’è un forte razionale che dovrebbe farci porre attenzione sulla questione. Per iniziare, vi sono dati sperimentali in vivo e in vitro che mostrano come l’aglio possa essere in grado di bloccare la cortical spreading depression (il fenomeno fisiopatologico alla base dello scatenamento delle aure emicraniche), poi perché vi sono numerose ipotesi fisiopatologiche secondo le quali l’aglio potrebbe esercitare un effetto protettivo sulla cefalea (e in particolar modo sull’emicrania). Intanto, l’aglio esercita effetti antiossidanti, contrastando l’azione dei radicali liberi e riducendo lo stress ossidativo, un fattore notoriamente alla base dello scatenamento della fase dolorosa infiammatoria dell’attacco emicranico. Le proprietà antiossidanti dell’aglio potrebbero quindi agire in modo protettivo nei pazienti con cefalea cronica, riducendo l’infiammazione nel sistema trigemino-vascolare e abbassando la suscettibilità al dolore. Inoltre, l’aglio sembra modulare, attraverso suoi composti attivi, il rilascio di citochine proinfiammatorie, in particolare il TNF-α e l’IL-6, notoriamente coinvolte nella genesi dell’emicrania, essendo l’infiammazione un elemento chiave nella fisiopatologia di questa forma di cefalea. Infine, l’allicina pare svolgere direttamente un’azione analgesica bloccando i recettori vanilloidi TRPV1, su cui agisce anche il sistema endocannabinoide, esercitando quindi un’azione indiretta sui recettori CB1.

Di contro, l’allicina dovrebbe indurre da parte dell’endotelio il rilascio di ossido nitrico (NO), che dovrebbe avere un ruolo peggiorativo sull’emicrania. Tuttavia, questo fenomeno sembrerebbe esercitarsi di più sui grandi vasi che non sui piccoli, la cui dilatazione sarebbe alla base della genesi del dolore emicranico. Inoltre, qualche autore sostiene che nell’emicrania vi sia pure una fase tardiva di vasocostrizione che potrebbe essere contrastata proprio dal lento e graduale rilascio di NO da parte dell’aglio.

Per quanto detto, vi è un progressivo crescente interesse nei confronti del potenziale ruolo protettivo dell’aglio sull’emicrania, tanto è vero che è in corso un trial clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, che mira a valutare l’efficacia di un integratore a base di aglio nel ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi di cefalea in pazienti con cefalea cronica.

Insomma, la relazione tra aglio e cefalea è assai complessa e richiede ulteriori ricerche per chiarirne tutti gli aspetti, sempre tenendo presente la forte soggettività di risposta, variabile da individuo a individuo. Che consiglio darvi? Se vi piace e non vi fa male, continuate a consumarlo. Se non lo avete mai assaggiato, iniziare a provarlo in piccole quantità (magari adottando alcuni trucchi per renderlo più tollerabile, ad esempio, consumandolo cotto, lasciandolo “in camicia”, togliendoci l’anima o tenendolo a bagno in latte o acqua prima della cottura, oppure abbinandolo a prezzemolo o menta, che dovrebbero mitigarne il sapore), ma se siete più che certi che vi faccia male, evitatelo pure. Ma soprattutto, quando si è in coppia vale la regola d’oro: o lo si mangia tutti e 2 o lo si evita.

A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia