Cos’è la tecnica del Dry Needling (DN), qual è la sua storia?

Consiste nell’infiggere un ago all’interno di un muscolo, al fine di detenderlo e spegnere il trigger point (un punto del muscolo la cui stimolazione meccanica è in grado di evocare una risposta dolorosa a distanza dal punto stesso, n.d.r.) in esso contenuto. La storia del DN così come noi lo intendiamo risale agli anni Settanta del secolo scorso, con le pubblicazioni scientifiche del medico cecoslovacco Karl Lewit sull’argomento. Tuttavia, già nel decennio precedente, con i loro libri sulla terapia manuale, Janet Travell (era stata il medico dei presidenti Kennedy e Johnson) e David Simons introducevano questo concetto dando l’avvio a questo interessante filone clinico e scientifico. Un altro autore importante sull’argomento fu senz’altro Chang-Zern Hong, dell’università della California, che dal 1994 studiò vari fenomeni neurofisiologici correlati all’uso del DN e ne confrontò l’efficacia rispetto all’iniezione diretta della lidocaina nel punto trigger; fu anche il primo ad osservare che la risposta periferica alla stimolazione apprezzabile con l’esame obiettivo era in grado di predire l’efficacia del trattamento e la modulazione dello stimolo verso e dal midollo.

Quali sono le differenze con l’Agopuntura?

La differenza è più formale che sostanziale: si tratta di 2 estre­mi dello stesso spettro di trattamento, ma anche di 2 punti di vista terapeutici differenti. Infatti, la principale differenza è nei presupposti teorici sottostanti ai 2 approcci: l’agopuntura si basa sulla medicina tradizionale cinese, il trattamento dei trigger point mediante il DN è invece, ateoreticamente, basato sul metodo scientifico della moderna medicina occidentale e sulle conoscenze neurofisiologiche del dolore. Inoltre, l’ago­puntura si basa sulla conoscenza dei cosiddetti punti di ago­puntura e dei sottostanti meridiani energetici, mentre il DN si basa sull’individuazione dei trigger point mediante l’esame obiettivo del paziente, come indicato nei testi di terapia ma­nuale. Ancora, l’infissione degli aghi di agopuntura è di solito più superficiale, mentre nel DN c’è sempre una stimolazione più profonda; ciò comporta un differente bersaglio di stimola­zione: l’agopuntura può limitarsi a stimolare il tessuto connet­tivo, mentre il DN raggiunge sempre il muscolo sottostante. Ci sono, ovviamente, anche alcune similitudini: ad esempio, gli aghi che si utilizzano in entrambi i casi sono gli stessi. Idem per alcuni punti di stimolazione, anche perché effettivamente nel corpo esistono diversi punti di agopuntura, per cui facilmente un trigger point individuato mediante le tecniche di terapia ma­nuale può casualmente ricadere su di un punto di agopuntura, sebbene, come dicevo prima, per lo stesso punto l’agopuntore spesso si limita alla stimolazione del tessuto connettivo, men­tre con il DN si va più in profondità per trattare la muscolatura sottostante. Oltre alla profondità, anche il modo di utilizzare l’ago è differente: più persistente con l’agopuntura, più rapido nell’infissione e rimozione con il DN.

Ci sono dati riguardanti l’uso del Dry Needling in pazienti con Cefalea?

Esistono differenti metanalisi in letteratura che evidenziano l’efficacia del DN in diverse patologie. Proprio per la cefalea, abbiamo recentemente pubblicato sul Physical Therapy and Re­habilitation Journal (la rivista dell’associazione americana di terapia fisica) una metanalisi sull’uso di questa tecnica nella cefalea di tipo tensivo e nell’emicrania. I nostri risultati sono, tuttavia, per ora inconcludenti, soprattutto per la mancanza di studi e trial clinici che confrontino l’efficacia dell’uso del DN nei trigger point rispetto ad altri trattamenti. Un aspetto impor­tante per gli studi futuri sarà capire bene quali siano i pazienti più predisposti a rispondere al trattamento, probabilmente pro­prio i pazienti con una forma tensiva e quelli con la presenza di trigger point miofasciali. Ma di sicuro il DN non dovrebbe essere una terapia proposta in tutti i pazienti cefalalgici, ma solo nei casi attentamente selezionati.

L’Agopuntura nel trattamento delle Cefalee sta riscuotendo sempre più successo, mentre si parla molto poco della tecnica del Dry Needling. Perché secondo lei?

Sicuramente, l’Agopuntura è molto più nota e ha tanti più studi alle spalle, soprattutto nei pazienti emicranici. Le differenze pre­senti fra i due tipi di terapia (con molti più aghi e molto più tempo di applicazione degli stessi) li rende sicuramente non confronta­bili direttamente, non è detto che chi risponda bene ad un tipo di terapia risponda altrettanto bene pure all’altro e viceversa. Oc­corre quindi capire bene le diverse potenzialità dei 2 approcci e individuare bene i casi migliori da trattare con l’uno o con l’altro.

Non conosciamo ancora i meccanismi di funzionamento dell’Agopuntura, e molti medici sono scettici sul suo uso proprio perché non ne condividono la logica. Si può dire la stessa cosa del DN?

In realtà, gli studi ci indicano abbastanza bene i quadri clinici in cui l’Agopuntura è efficace e anche alcuni meccanismi d’a­zione coinvolti, sebbene ancora non li si sia compresi a pieno. Sappiamo, ad esempio, che lo stimolo sul tessuto connettivo è in grado di attivare le vie dolorifiche discendenti. Quanto al DN, sappiamo diverse cose. La prima è che deve esistere il trigger point, individuabile con l’esame obiettivo del paziente. Inoltre, è stato dimostrato che questa tecnica è in grado di ridurre la sensitizzazione periferica (fenomeno alla base di allodinia e iperalgesia, che a loro volta inducono la cronicizzazione delle condizioni dolorose) e il rilascio della sostanza P (un mediatore proalgogeno), mentre aumenta il rilascio di endorfine. Quindi, come principale effetto neurofisiologico, riduce le afferenze nocicettive ed amplifica le vie discendenti del controllo antido­lorifico. Tuttavia, conoscere tali meccanismi non ci consente di dire che il DN sia valido in tutte le condizioni dolorose. Servono gli studi neurofisiologici, ma pure quelli clinici per documentare l’efficacia dei trattamenti e definire con precisione le indicazio­ni a ciascuno dei 2 trattamenti.

Quindi, chi potrebbe essere il candidato ideale per questi tipi di terapia?

Sicuramente, ci sono dei sottogruppi specifici di pazienti in gra­do di beneficiare di questo trattamento. L’indicazione corretta è per il paziente il cui dolore dipenda dalla presenza dei trigger point o avente un dolore di tipo miofasciale. Cioè, possiamo pensare all’uso del DN nei casi in cui la stimolazione di queste specifiche aree muscolari sia in grado di riprodurre esattamen­te la tipologia di dolore (ad esempio la cefalea) lamentata dal paziente come sintomo principale del proprio disturbo algico. Invece, se un paziente non ha i trigger point o il dolore non dipenda principalmente da essi, il DN non è indicato. Quindi, in primis, dobbiamo applicare un ragionamento clinico per capire se il paziente sia idoneo a questa terapia, basandoci sulla ca­pacità di individuare i trigger point e capire se siano la causa primaria della sintomatologia algica. Infatti, non tutti i pazienti aventi dei trigger point beneficiano del DN. È, ad esempio, il caso dell’osteoartrite del ginocchio, in cui i trial clinici hanno evidenziato l’inefficacia del DN, malgrado i trigger point speci­fici. In tale quadro clinico è l’infiammazione articolare il mecca­nismo base del dolore, mentre i trigger point sono secondari a tale quadro patogenetico. Il DN potrebbe anche spegnere i punti dolorosi, ma non può agire sul quadro infiammatorio articolare, che continuerà a far percepire il dolore al paziente. Quindi, va sempre fatto un ragionamento clinico accurato, ed è necessario comprendere bene la diagnosi (non solo il sintomo lamentato) prima di proporre il trattamento al paziente.

Queste le indicazioni, ma esistono pure delle controindicazioni?

Tutte le terapie hanno delle controindicazioni, anche se, effet­tivamente, per il DN non ce ne sono poi così tante. La prima è la stessa di ogni altra terapia fisica, cioè la presenza di pato­logie muscolari, come nel caso della miastenia gravis o delle mitocondriopatie, peraltro, entrambe condizioni in cui sarebbe molto difficile poter individuare i trigger point. Anche durante il primo trimestre di gravidanza si preferisce non praticare questa terapia, mentre può essere utile nel semestre successivo per trattare in modo non farmacologico diverse condizioni dolorose della gravida. Inoltre, a causa della ridotta collaborazione per consentirci di individuare i trigger point, anche nei pazienti con disturbi cognitivi o gravi deficit somatoestesici (come nel caso di pazienti con una grave forma di neuropatia diabetica) sarà molto complicato poter praticare il DN. Tuttavia, per i soggetti con disturbi della sensibilità ci sono delle eccezioni, come per i pazienti post ictus o con altre patologie neurologiche che pos­sano comunque portare a disturbi della sensibilità associati a dolore e spasticità, in cui il DN può essere molto utile. Infine, va prestata molta attenzione nel decidere se usare questa tecnica pure nei pazienti oncologici, il cui dolore potrebbe non giovare dal trattamento, salvo rare eccezioni che andrebbero attenta­mente valutate.

Intervista al professor César Fernández-de-Las-Peñas
a cura di Roberto Nappi