Rieccoci, amiche e amici. Lo scorso numero ci auguravamo che questo fosse un anno di svolta e cambiamento e pare che le cose effettivamente stiano iniziando a prendere un’altra direzione. Siamo di fronte ad un allentamento della pandemia, come già accaduto un anno fa di questi tempi, ma a differenza di allora c’è una nuova speranza: nel prossimo trimestre (quindi, nel tempo necessario a che voi possiate leggere il prossimo numero del nostro magazine) l’Italia dovrebbe raggiungere grazie alla campagna vaccinale l’agognata immunità di gregge, garanzia di un ritorno alla normalità, allontanando lo spettro di nuovi lockdown. Sono stati mesi difficili, ne abbiamo risentito tutti, lo ha fatto anche il nostro mal di testa. Infatti, se nel primo anno di pandemia pareva vi fosse stato un miglioramento, conseguenza insperata del confinamento domiciliare, così non è stato in questo secondo anno dell’epoca COVID. I motivi sono stati sicuramente molteplici e questo deve spingerci ancora di più a fare di tutto perché non ve ne sia anche un terzo. Ecco perché è importante che la campagna vaccinale abbia successo: oltre a salvare le vite, l’economia, la libertà individuale, potrebbe aiutarci pure ad allentare il nostro mal di testa. Perché mi soffermo molto su questo aspetto? Perché ormai ci siamo, a partire dal mese scorso sono disponibili le vaccinazioni per le classi di età in cui maggiormente ricadono i nostri pazienti. E c’è molta paura e disinformazione in proposito, lo sappiamo perché da un rapido confronto a margine di alcuni dei tanti eventi formativi a cui partecipiamo noi professionisti delle cefalee è emerso che mai come ora i telefoni dei nostri ambulatori, le nostre mail e i nostri telefoni personali siano tartassati da tante vostre richieste, tutte riguardanti le vaccinazioni e la loro sicurezza. Purtroppo, ci si sono messe pure una non univoca e coerente interpretazione dei dati raccolti in itinere con conseguenti cambiamenti normativi e la cronaca a complicare il quadro, alimentando ulteriormente legittime paure. Il tutto viene, purtroppo, amplificato da predicatori di sciagura che hanno trovato nel contrasto alla campagna vaccinale motivo di visibilità personale e, ahimè talvolta, professionale. Urge, insomma, una parola di chiarezza nella confusione generale.

Andiamo per gradi. Il COVID-19 non colpisce i cefalalgici più di altri, tuttavia quanto osservato in questi mesi ci insegna che la malattia nei cefalalgici lascia talvolta dei brutti ricordi, sia in termini di cefalea nella fase acuta di malattia sia come esito nella cosiddetta “sindrome post COVID”, buon motivo per vaccinarsi! A tale proposito, vi invito a leggere il bell’articolo scritto dalla dottoressa Elena Guaschino del Mondino di Pavia sul tema della Cefalea da Febbre (davvero chiaro e didascalico). Molti dei soggetti vaccinati lamentano come effetto collaterale proprio la cefalea, che in alcuni casi dura anche diversi giorni. Non dovete averne paura, sia perché non è detto vi debba accadere, sia perché non si tratta di una cosa diversa rispetto a ciò a cui siete già abituati: un mal di testa, costo da pagare per concorrere al più imponente progetto sanitario della storia della sanità mondiale dai tempi dell’eradicazione del vaiolo e della lotta alla polio. Pensate a quanti mal di testa gratuiti avete avuto fin ora e capirete che ne vale la pena. Ancora, molti temono che l’uso dei farmaci sintomatici sia controindicato dopo la vaccinazione perché ne ridurrebbe l’efficacia, in parte ciò viene pure spesso detto direttamente dal personale dei centri vaccinali, ma anche qui occorre fare un attimo chiarezza. Tra i farmaci sintomatici più utilizzati ci sono il paracetamolo e i triptani, che non hanno alcun influsso sul sistema immunitario, quindi non possono determinare alcuna riduzione della risposta immunitaria. La segnalazione, quindi, riguarderebbe solo gli antinfiammatori, sia gli steroidi che i FANS. Cosa c’è di vero in tutto ciò? In realtà non c’è molto. Non sono noti casi in cui la risposta immunitaria sia stata limitata da tali farmaci, quindi è più una cautela teorica. I FANS agiscono preferenzialmente a valle dei processi immunitari che portano all’immunizzazione indotta dal vaccino, quindi l’azione immunosoppressiva è un evento al quale i nostri pazienti non dovrebbero essere esposti. Un discorso più o meno analogo va fatto per il cortisone, che effettivamente potrebbe avere un maggior effetto immunosoppressivo, ma tutte le Società Scientifiche coinvolte nelle malattie infiammatorie tranquillizzano i propri pazienti in tal senso, non ravvedendo pericoli di mancata immunizzazione in chi usa gli steroidi. Altro problema sollevato dai pazienti riguarda il rischio trombotico emerso con l’uso dei vaccini a vettore adenovirale. È noto il rischio trombotico di alcuni soggetti emicranici, in particolar modo quelli con aura. Tuttavia, pure in questo caso, si tratta di qualcosa di differente, la trombosi da vaccino chiama in causa meccanismi molto differenti rispetto a quelli coinvolti nei nostri pazienti e comunque le recenti decisioni sulla sospensione di tali farmaci negli under 60 quasi annulla tale rischio. Infine, molti pazienti temono un’interazione tra vaccino e anticorpi monoclonali anti CGRP, che impropriamente qualcuno ancora chiama vaccino. A supporto di queste paure i pazienti riferiscono di transitorie perdite di efficacia dell’anticorpo. Anche qui, nessuna paura, si tratta appunto di fenomeni transitori. L’azione dei farmaci biologici per l’emicrania blocca la cascata infiammatoria a partire dalla prima molecola in essa coinvolta e rilasciata dal trigemino, il CGRP, appunto, mentre l’inoculo del vaccino determina una reazione immunitaria che può bypassare tale blocco, inducendo la produzione di molecole infiammatorie che agiscono a valle del CGRP. Al termine di tale fenomeno, torna centrale il ruolo del neuropeptide infiammatorio nella genesi dell’attacco emicranico e quindi del su blocco mediante gli anticorpi per prevenire le crisi.

A proposito di anticorpi, una bella notizia. Le Società Scientifiche coinvolte nello studio e cura della cefalea sono riuscite ad ottenere una vittoria per i nostri pazienti. Cade il blocco obbligatorio di 3 mesi nella cura con anticorpi dopo un anno di cura. Adesso, se la cefalea dovesse peggiorare a seguito della sospensione, sarà possibile prescrivere nuovamente il farmaco al paziente, senza dover attendere. Il tema è approfondito dal nostro Roberto Nappi in un’intervista con il prof. Gioacchino Tedeschi, presidente della Società Italiana di Neurologia.

Per la rubrica Amarcord, visto che tanto si parla di ricerca e modelli sperimentali, abbiamo pensato di recuperare un pezzo del prof. Alfredo Costa proprio sui modelli sperimentali di mal di testa: “Quando il mal di testa è provocato ad arte”, dal numero 7 di Cefalee Today del settembre 2000.

Ospitiamo, poi, un altro pezzo d’annata a firma dello scomparso prof. Mario Tiengo, uno dei padri dell’algologia italiana, dal titolo “Origine e sviluppo degli studi sulla sensibilità e sul dolore”, prefazione a un volumetto sul tema edito negli anni ’90 che calza a pennello con ciò che noi affrontiamo uotidianamente: un dolore il cui perché non riusciamo a comprendere. Il testo è commentato dal dott. Massimo Radaelli, Direttore Generale della Fondazione C.I.R.N.A., che ebbe modo di conoscere e frequentare il prof. Tiengo.

Questo mese non c’è spazio, purtroppo, per la rubrica sulla cefalea in cucina, perché dobbiamo lanciare la prima edizione di un Premio al quale teniamo molto, per motivi personali, quello intitolato alla memoria del compianto dott. Paolo Rossi, amico e maestro di vita e di mestiere. Scusate se mi sono dilungato, ma credo tanto fosse dovuto. Spero il numero vi piaccia, fateci sapere come sempre cosa ne pensate.
Buona lettura.

Dott. Cherubino Di Lorenzo
Direttore Scientifico Cefalee Today