L'approvazione della legge del 2020 per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale é stata salutata come una rivoluzione dai quasi set milioni di persone che nel nostro paese convivono con questo disturbo. Mancavano solo 1 decreti attuativi per veder riconosciuta finalmente, ufficialmente, la natura invalidante di quelli che per troppo tempo sono stati considerati dei semplici "mal di testa.

Ma qualcosa si è inceppato: i pazienti hanno atteso fiduciosi i 180 giorni previsti dalla norma; poi altri 700. A febbraio, finalmente, il Ministero della Salute ha presentato
le sue linee di indirizzo alla Conferenza Stato Regioni.  Sembrava fatta, ma sono trascorsi altri tre mesi, e dei decreti attuativi in Gazzetta Ufficiale ancora non c'è traccia.
La legge continua, insomma, a rimanere lettera morta. E visto che, per una volta, i soldi ci sono - 5 milioni l'anno, 10 in totale per 1l 2023 e 11 2024 - si rischia pure di sprecarli se non si procederà al più presto ad organizzare bandi e
progetti. Per i pazienti, pero, non è questo il problema principale: quella che chiedono è la certezza che lo stato riconosca, al più presto, la loro malattia.

Che cos'e la cefalea primaria cronica

La cefalea primaria cronica raggruppa tutte quelle forme di dolore alla testa frequente che non possono essere spiegate come sintomo di un'altra patologia sottostante. Proprio per questa natura vaga - e per l'assenza di terapie risolutive - sono stati
derubricati per decenni a semplici mal di testa. Un termine talmente quotidiano che diventa causa di stigma quando è riferito a una sintomatologia che, per chi ne soffre, si rivela invece invalidante.

"E come vivere sull'orlo di un precipizio", racconta a Salute Lara Merighi Coordinatrice Nazionale di Alleanza Cefalalgici, Al.Ce. Group Italia - CIRNA Foundation Onlus.

"Non sai se domani non avrai mal di testa. Lo può causare il tempo, il vento, anche un dispiacere. Tutto per il nostro cervello può rivelarsi eccessivo, e per salvarsi dice adesso smetti di pensare. Scatena il mal di testa, e siamo costretti a fermarci. E anche quando il mal di testa va via i sintomi rimangono.
L'ansia, lo stato ansioso, c'è sempre. La paura che il mal di testa ritorni non va mai via".

A soffrirne sono piu spesso le donne. Il problema esordisce in giovane età, e rende difficile studiare, lavorare, vivere in modo sereno la propria quotidianità e la vita famigliare. Perché si parli di cefalea primaria cronica il problema deve presentarsi quasi
quotidianamente da almeno tre mesi, con effetti invalidanti che raramente i semplici analgesici riescono a tenere a bada.

"Ho visto pazienti che prendono anche cinque o dieci pastiglie al giorno per poter avere una vita normale", racconta Federica Galli, professoressa di psicologia clinica della Sapienza di Roma.

"Per questi pazienti spesso le terapie di profilassi del dolore dopo poco tempo non sono efficaci. E arriva anche quella che viene definita cefalea da abuso di farmaci, un'assuefazione agli antidolorifici che aumenta la facilita con cui arriva 1l mal di testa,
creando un circolo vizioso in cui più si assumono analgesici più il dolore si presenta e si cronicizza, e non risponde più alle medicine".

Cosa prevede la legge approvata

La legge approvata nel 2020 dovrebbe dare un riconoscimento alla patologia a livello nazionale. Passaggio obbligato per una diagnosi corretta, che vedrà il coinvolgimento di centri specializzati che stanno sorgendo in tutta Italia. E arrivare poi, in
futuro, all'inserimento delle cefalee primarie croniche nei Livelli essenziali di assistenza, che aiuterebbe i pazienti anche a sostenere i costi ingenti della patologia, stimati intorno a 2 mila e 600 euro ogni anno.

Perché servono le linee di indirizzo.

Le linee di indirizzo presentate a febbraio in Conferenza Stato Regioni prevedono anche un tesoretto da 10 milioni di euro, in due anni, indirizzato alla realizzazione di programmi innovativi di presa in carico multispecialistica. Progetti che prevedono tutta una serie di specialisti che vanno preparati ad hoc, e la stesura di protocolli che richiedono tempo. E se i soldi non arrivano alle regioni, queste ovviamente non si possono attivare. E il rischio che i progetti vadano in fumo si fa sempre più concreto. "Piu tempo trascorre - continua Galli - e meno si riusciranno a concretizzare quelle che sono state delle intenzioni assolutamente lodevoli".

Non è 'solo un mal di testa’

Per i pazienti, lo dicevamo, la pubblicazione dei decreti attuativi ha pero un'importanza ancora più essenziale.

E il simbolo di una lotta durata quasi 20 anni per veder riconosciuta la loro patologia. Per poter chiamare finalmente malattia quei mal di testa che, troppo spesso, hanno sentito sminuire come un problema che hanno un po' tutti, "Fino a che la
legge non entrerà in vigore, fin quando la nostra malattia non ha un codice, noi non esistiamo", conclude Merighi. "Quando la legge troverà finalmente applicazione la nostra diventerà una malattia riconosciuta, sul lavoro, nel mondo della scuola.

Non potranno piu dirci 'E solo un mal di testa’. Non potranno più farci sentire persone sbagliate, ma dovranno invece trattarci come persone che hanno una malattia.

Per noi che lo aspettiamo da un'intera vita, anche una settimana di attesa in più diventa molto difficile da sopportare.

E sono già passati tre anni"

Articolo di Simone Valesini
Repubblica Salute del 22 Maggio 2023