Il Coriandolo e il mal di testa

Oggi parleremo di un’altra pianta il cui uso umano è antichissimo, da sempre apprezzato sia in cucina che per le sue presunte qualità terapeutiche: il coriandolo (Coriandrum sativum).
Il nome deriva dalla parola greca corys (cimice) e dal suffisso -ander (somigliante),perché i frutti acerbi e le foglie fresche avrebbero un odore che ricorda quello dell’insetto.
Una curiosità circa il nome: nell’antichità, i semi glassati venivano consumati a carnevale e spesso lanciati sui passanti. Da qui i nostri coriandoli di carta colorata.
Membro della famiglia delle Apiaceae (Umbelliferae), originario dell’Europa Centrale e dell’Asia (è anche detto prezzemolo cinese), ha rapidamente viaggiato assieme agli esseri umani, diffondendosi ovunque arrivassero i nostri antenati: vi sono prove del suo utilizzo umano fin dal neolitico (grotta di Nahal Hemar in Israele), inoltre suoi resti conservati sono stati trovati anche nella tomba di Tutankhamon (a riprova del fatto che pure gli antichi egizi lo coltivassero e apprezzassero, sebbene la pianta non fosse originaria di quella zona). È attestato tra una delle prime spezie portate dai coloni inglesi in Nord America, fin dal 1670, e da quelli olandesi nell’attuale Sudafrica.
Dal punto di vista del suo utilizzo in cucina, il coriandolo deve il proprio successo al fatto che se ne siano sempre utilizzate sia le foglie (come per il prezzemolo, appartenente alla stessa famiglia) che i semi (come per il finocchio, il cumino e l’aneto, altri suoi lontani parenti).
Come dicevamo, il nome rimanda alle cimici, il cui odore è particolarmente sgradevole, ma allora perché questa pianta ha avuto così successo? Perché in realtà il suo gusto ha a che fare con un fenomeno biologico particolarmente strano: in base al background genetico, vi è chi trova il sapore di questa pianta dolce, molto rinfrescante e dal gusto che ricorda il lime, chi invece lo trova amaro e sgradevole. Ciò dipende dalla sensibilità alle aldeidi insature, composti aromatici di cui la pianta è ricca, sia nelle foglie che nei semi.
Questa pianta è sempre stata usata, con varie indicazioni, in diverse medicine tradizionali (prevalentemente per il trattamento di disturbi gastrointestinali come inappetenza, dispepsia, flatulenza, diarrea, dolore e vomito) e in molti casi la recente ricerca scientifica ne ha confermato gli effetti benefici. Infatti, gli oli essenziali di semi ed erbe di coriandolo sono stati studiati attivamente per la loro composizione chimica (ricca di linalolo, un monoterpenoide con effetti di tipo sedativo e ansiolitico e acido petroselinico, un acido grasso omega-12) e le loro attività biologiche, tra cui quelle antimicrobiche, antiossidanti, ipoglicemizzanti, ipolipidemizzanti, ipotensive, ansiolitiche, analgesiche, antinfiammatorie, anticonvulsivanti, antitumorali e neuroprotettive.
Il coriandolo è considerato sicuro e ben tollerato, come è stato evidenziato da studi di tossicità sugli animali. Tuttavia, potrebbe abbassare glicemia e pressione arteriosa, pertanto è raccomandata prudenza per i soggetti particolarmente a rischio. Ma perché parlarne nel mal di testa? Perché anche in questo caso, lo si è sempre utilizzato. Già Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia, riferiva che mettendo alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino all’alba si potesse far passare la cefalea. Il razionale dell’utilizzo del coriandolo per questa applicazione è molto forte. In studi condotti su modelli animali è stato osservato un effetto analgesico e antinfiammatorio, quindi in grado di agire su entrambe le componenti del dolore emicranico, quella centrale neurogena e quella periferica infiammatoria. Lo stesso linalolo, cui facevamo cenno pocanzi, ha particolari effetti sia analgesici che antinfiammatori. Inoltre, è stato pure condotto uno studio clinico, pubblicato nel 2016, randomizzato, controllato con placebo, in triplo cieco che ha esaminato gli effetti benefici del coriandolo su pazienti con emicrania. In questo studio, della durata di un solo mese, 68 adulti con emicrania episodica sono stati sono posti in terapia con valproato di sodio e sciroppo di frutti di coriandolo o con uno sciroppo placebo. Rispetto al gruppo placebo, l’assunzione di coriandolo è stata associata ad una maggiore riduzione della durata, dell’intensità e della frequenza delle crisi emicraniche. In particolare, la frequenza delle crisi emicraniche nei partecipanti che assumevano coriandolo è risultata inferiore di circa il 50% rispetto a quella riportata dai partecipanti del gruppo placebo.
Anche se questo studio preliminare sul coriandolo è positivo, la solidità dei risultati osservati è limitata dalle ridotte dimensioni della popolazione in esame e dalla breve durata dell'osservazione.
Inoltre, i suoi effetti preventivi come trattamento a sé stante per l’emicrania sono sconosciuti, poiché questo studio ha indagato i suoi effetti solo in aggiunta al valproato di sodio.
E voi, il coriandolo lo usavate già nelle vostre pietanze?

A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia