Lo zenzero e il mal di testa

L’uso e la diffusione delle spezie nella cucina si perdono nella notte dei tempi, perciò si fa sempre un po’ fatica a capire quando e perché alcune di esse siano state introdotte nell’alimentazione umana. Infatti, oltre che banalmente per il sapore, in alcuni casi la diffusione è stata verosimilmente dovuta alle proprietà conservanti che tali prodotti avevano sui cibi (basti pensare, ad esempio, al peperoncino); in altri, agli effetti benefici che le spezie avevano sull’organismo di chi le ingeriva. In questa seconda categoria rientra a pieno titolo lo zenzero, che dalla cucina di alcuni popoli del sud dell’Asia si è progressivamente diffuso alle tavole di tutto il mondo. Di questa pianta (il cui nome scientifico è Zingiber officinale) noi consumiamo il rizoma (cioè, la radice), particolarmente apprezzato per il suo sapore pungente ma non piccante; possiede una grande versatilità, d’impiego (tanto da trovare posto in molte ricette, orientali e occidentali, sia dolci che salate, o per preparare alcolici, infusi e tisane) e di modalità d’utilizzo (può essere consumato fresco, essiccato, a pezzi, grattugiato).
Come dicevamo, dello zenzero, da sempre sono note applicazioni in campo fitoterapico (cioè, la pianta è stata usata a scopi curativi). I principi attivi sono molteplici e i principali sono i gingeroli, aventi molte funzioni: azione antinfiiammatoria, antiemetica, analgesica, antistaminica, antiossidante, inibente l’appetito e la sindrome metabolica. Proprio in virtù di ciò, questa pianta ha sempre trovato varie applicazioni nella medicina tradizionale. Le più importanti, ancora oggi tramandate, sono finalizzate a combattere nausea (in particolare quella gravidica e pediatrica), dispepsia, coliche o tensione addominale, flautolenza, diarrea, colon irritabile, cinetosi, sindrome premestruale e dismenorrea, sindromi dolorose in generale, alterazioni in eccesso e in difetto dell’appetito, diabete, dislipidemia, ipertensione, calo della libido, allergie, tosse e infezioni delle alte vie aeree. Infine, lo zenzero ha un uso consolidato contro l’emicrania. Ed è proprio di quest’applicazione che vorremmo parlare, approfondendola. Oltre alle varie tradizioni popolari asiatiche (come la medicina ayurvedica e quella persiano-araba), esistono addirittura degli studi clinici randomizzati, controllati, in doppio cieco sull’uso di nutraceutici a base di zenzero, sia usati per prevenire gli attacchi, sia per estinguerli, oltre che per contenere la nausea e il vomito che spesso sono i sintomi di accompagnamento più disabilitanti nell’attacco emicranico. Gli studi relativi all’uso dello zenzero come agente preventivo l’emicrania danno origine a risultati contrastanti a causa anche di due importanti fattori confondenti: l’emivita dei principi attivi responsabili dell’effetto antiemicranico nel nostro organismo non è lunghissima, quindi il prodotto andrebbe assunto più volte al giorno (anche ogni 4 ore) per garantire una stazionarietà dei valori plasmatici e del beneficio; inoltre, gli studi sono stati condotti con estratti secchi non titolati per il principio attivo, del cui dosaggio non si può esser certi. Al contrario, gli studi sull’efficacia come trattamento sintomatico sono concordi nel ritenere lo zenzero un prodotto efficace sia assunto da solo che in associazione a farmaci antinfiammatori. Addirittura, in uno studio il suo effetto è stato riconosciuto essere non inferiore ai triptani nel ridurre il dolore a due ore dall’assunzione, ma molto più tollerato per la particolare povertà di effetti collaterali. Molti di questi studi sono stati condotti con estratti standardizzati il cui contenuto dei principi attivi era verificato; inoltre, in questo caso, la breve emivita non costituiva un elemento negativo, essendo allineata appunto a quella dei principali triptani. Malgrado i risultati così promettenti, tuttavia gli studi relativi all’uso dello zenzero sono ancora molto limitati e non basati su estratti standardizzati. Questo rende non generalizzabili e confrontabili tra di loro i vari risultati ottenuti nelle diverse sperimentazioni. Basti pensare che i vari principi attivi presenti nello zenzero possono variare a seconda della fonte (differenti varietà della pianta, coltivate in terreni e climi differenti) e che pure le diverse modalità d’estrazione possono modificare la composizione biologicamente attiva dei diversi estratti. Pertanto, quando si studia un prodotto a base di zenzero, i risultati dello studio possono essere generalizzati solo per quell’estratto e, eventualmente, per altri estratti con una composizione simile. Inoltre, oggi la tecnologia farmaceutica è in grado di modificare le curve di assorbimento dei vari principi attivi, con applicazioni già molto diffuse anche nel campo della nutraceutica; quindi, anche il limite della beve emivita sarebbe agevolmente superabile, volendo. Ma oggi gli emicranici come possono fare buon uso dello zenzero? Sicuramente, in una rubrica che si chiama La cefalea in cucina, non possiamo che raccomandarne l’utilizzo nelle varie pietanze, le ricette sono tante, ma in generale, una grattugiata di zenzero davvero sta bene un po’ su tutto (anche sul gelato), mentre, data la stagione estiva, suggerirei a tutti gli emicranici di provare a bere l’infuso di zenzero: è sufficiente pulire mezza radice e tagliarla a dischetti sottili, metterla in una brocca piena d’acqua e lasciarla in infusione in frigo per almeno 12 ore. Lo si può bere nel corso della giornata al posto dell’acqua, così il consumo regolare distribuito nel tempo farà in modo di avere sempre concentrazioni plasmatiche adeguatamente alte e potenzialmente utili contro il mal di testa.
Provateci, potrebbe diventare la vostra nuova sana abitudine per l’estate.

A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia