Prof. Tedeschi, a pochi giorni dalla XIII GIORNATA NAZIONALE DEL MAL DI TESTA è giunta la lieta notizia che l’AIFA ha deciso di modificare le limitazioni prescrittive riguardanti gli anticorpi monoclonali per l’emicrania. Esattamente, di cosa si tratta, quale era il quadro precedente e come è stato cambiato?

Da circa un anno, l’AIFA aveva identificato i candidati al trattamento con anticorpi monoclonali: pazienti adulti che negli ultimi 3 mesi abbiano presentato almeno 8 giorni di emicrania disabilitante al mese (definita come punteggio del questionario MIDAS ≥11), già trattati con altre terapie di profilassi per l’emicrania e che abbiano mostrato una risposta insufficiente dopo almeno 6 settimane di trattamento o che siano intolleranti o che presentino chiare controindicazioni ad almeno 3 precedenti classi di farmaci per la profilassi dell’emicrania. Questa cura rivoluzionaria ha portato a un nuovo modo di affrontare la patologia, perché è in grado di agire sulla causa dell’emicrania e riesce quindi a prevenirla: nei pazienti trattati si è assistito infatti alla riduzione della frequenza, dell’intensità e della durata degli attacchi emicranici nel corso del tempo.
Inoltre, la somministrazione avviene una sola volta al mese. Tutto questo ha portato un beneficio enorme sulla qualità di vita dei nostri pazienti.Tuttavia, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha introdotto nel luglio 2020 delle limitazioni per quanto riguarda l’utilizzo degli anticorpi monoclonali in regime di rimborsabilità, prevedendo la sospensione obbligatoria della terapia per almeno 3 mesi dopo 12 mesi di trattamento, per poi essere eventualmente reintrodotta qualora si fossero ripresentate le caratteristiche che ne supportassero la prescrivibilità.

Sappiamo che in qualità di presidente della SIN il suo ruolo è stato fondamentale. In che modo Lei e la Società Scientifica da lei presieduta vi siete mossi con le Istituzioni per poter portare a casa questo importante risultato?

Come Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN), di concerto con il prof. Paolo Calabresi - Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) - ed il prof. Piero Barbanti - Presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee (Anircef) - ho interpellato il 23 aprile scorso l’AIFA per chiedere di elaborare insieme una soluzione a tale disposizione regolatoria, tenendo presente il bene dei pazienti emicranici che venivano pesantemente penalizzati da questa delibera, poiché erano destinati a stare nuovamente male senza la possibilità di vedersi prescrivere un’alternativa terapeutica efficace in regime di rimborsabilità. La sospensione della terapia con anticorpi anti CGRP dopo 12 mesi di trattamento imposta dall’AIFA non era sostenuta da dati scientifici univoci, ma era stata decisa sulla base di quanto avveniva e avviene con i vecchi farmaci antiemicranici. Si trattava di un approccio non giustificabile, essendo gli anticorpi privi di quella pletora di effetti collaterali che caratterizzavano le vecchie cure e che pertanto rendevano necessaria la sospensione di terapie poco tollerabili. Le osservazioni poste all’attenzione dell’AIFA sono state velocemente recepite e, a breve, i pazienti in terapia con anticorpi monoclonali anti-CGRP non saranno più costretti ad attendere i famigerati 3 mesi di sospensione che facevano seguito ai 12 mesi di terapia, prima di riprendere il trattamento antiemicranico specifico. Ciò non solo permette ai pazienti di tirare un sospiro di sollievo, ma solleva noi clinici dal senso di impotenza e smarrimento, in quanto ci trovavamo costretti a sospendere, senza alcun apparente motivo scientifico né clinico, una terapia efficace e altamente tollerabile. Infine, le precedenti disposizioni AIFA provocavano problematiche di ineguaglianza sociale in quanto il trattamento con anticorpi monoclonali, nel corso dei 3 mesi di sospensione obbligatoria, poteva essere prescritto in regime di “non rimborsabilità”, permettendo quindi solo ai pazienti che potevano affrontare un esborso ingente, la possibilità di non interrompere il trattamento.

Pensa che l’azione dei pazienti abbia in qualche modo inciso sulla decisione finale?

Sono convinto che il ruolo delle associazioni dei pazienti abbia avuto un ruolo importante nel sensibilizzare sia le Istituzioni che l’opinione pubblica su questa tematica.

Al di là degli anticorpi monoclonali, nuove famiglie di farmaci sono prossimi all’immissione in commercio in Europa, mentre negli USA sono già disponibili (a costi altissimi, oltretutto). Pensa che presto potremmo disporne pure noi in Italia e che analogamente agli anticorpi saranno erogati dal SSN?

Sono in corso trials clinici molto avanzati su altri farmaci innovativi, i gepanti, che potrebbero essere proposti sia nel trattamento della fase dolorosa dell’attacco emicranico che nella prevenzione. Ovviamente, come in tutte le analoghe sperimentazioni, bisognerà attendere che i risultati vengano sottoposti al vaglio delle agenzie regolatorie.

Dopo il riconoscimento delle cefalee croniche primarie come patologie di interesse sociale e la crescente disponibilità di nuove opzioni terapeutiche, come immaginate voi neurologi il futuro dei pazienti con cefalea?

Fino a non molto tempo fa, si curavano i pazienti emicranici utilizzando farmaci sviluppati per curare altre patologie come gli antidepressivi, gli antiepilettici o gli antipertensivi: farmaci caratterizzati da una discreta efficacia, ma gravati da, talvolta, intollerabili effetti collaterali. Recentemente, l’armamentario a disposizione degli specialisti che si occupano di emicrania si è arricchito di un innovativo approccio terapeutico che prevede l’utilizzo di questi anticorpi monoclonali sviluppati artificialmente e diretti contro una particolare molecola nota come CGRP che, quando “prodotta in eccesso”, può provocare un’infiammazione avente un ruolo fondamentale nella genesi della malattia. Questo rappresenta un enorme avanzamento per i pazienti emicranici. Ora c’è bisogno che i centri per la diagnosi e cura delle cefalee siano messi in condizione di soddisfare le richieste dei pazienti che hanno diritto al trattamento con anticorpi monoclonali. Per far questo, oltre al potenziamento dei centri, sarà indispensabile che il territorio si faccia carico della selezione dei pazienti candidati al trattamento.

Intervista al Prof. Gioacchino Tedeschi a cura di Roberto Nappi