A colloquio con Piero Barbanti
Responsabile dell'Unità per la Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore, IRCCS San Raffaele Pisana, Roma: Presidente dell'Associozione ltaliana per la Lotta contro le Cefalee - AIC

Perché l'emicrania è donna?

In realtà l'emicrania non nasce donna, ma diventa donna. In epoca prepuberale sono infatti i bambini a soffrirne di più rispetto alle bambine. È la maturazione ormonale e la comparsa delle cicliche variazioni degli ormoni sessuali a rendere nella donna il terreno emicranico più fertile a produrre le crisi. I circuiti di controllo del dolore hanno un'eccitabilità abnorme nel cervello emicranico e sono molto suscettibili alle variazioni brusche di diversi fattori tra i quali clima, ritmo sonno-veglia, alimentazione, etc. Le variazioni ormonali caratteristiche della donna in età riproduttiva rappresentano una spina irritativa in più, un ulteriore fattore scatenante che espone purtroppo maggiormente la donna a questo problema. Un'ulteriore riprova sta nel fatto che solitamente dopo la menopausa la frequenza delle emicranie nella donna si riduce nettamente e la differente prevalenza tra i sessi tende ad annullarsi.

Cosa significa concretamente nella vita di ogni giorno per una donna soffrire di emicrania?
Lo stile di vita della donna moderna, che oggi associa stabilmente lo stress lavorativo alle tipiche incombenze familiari, è certamente sfavorevole per l'emicrania. È interessante notare che chi ne fa le spese più spesso è la vita personale e sociale della donna rispetto a quella lavorativa. È infatti ampiamente dimostrato che una donna con una forte emicrania rinuncia all'uscita serale ed agli svaghi, ma non a recarsi al lavoro: contrariamente a quanto si potrebbe credere, rare sono per la donna le assenze lavorative a causa del mal di testa. Come è comprensibile, quando la frequenza degli attacchi non sia sporadica, a patirne è maggiormente la vita personale della donna e, di riflesso, del suo partner e dei suoi familiari. A questo possono fare seguito incomprensioni e dissapori quando non addirittura ansia e depressione.

E' riscontrabile una marcata differenza nella percezione del dolore emicranico tra uomo e donna?
L'uomo e la donna differiscono sia nella percezione che nella risposta al dolore. Inoltre, a differenza dell'uomo, la percezione del dolore nella donna può variare in funzione della fase ormonale in cui essa si trovi. Vale la pena notare che nella donna oltre agli estrogeni ed ai progestinici ha grande importanza in questo ambito una sostanza chiamata ossitocina: essa svolge un'azione cruciale non solo in occasione del parto e dell'allattamento, ma più in generale relativamente allo spirito di sacrificio e all'abnegazione di fronte ad un problema (dolore incluso) rispetto al quale la donna tende a resistere senza soccombere. Questo spiega entro certi limiti la maggior capacità di sopportazione del dolore (peraltro silenziosa) tipica del sesso femminile.

Ritiene che oggi esista un problema di sottovalutazione della patologia emicranica sia relativamente alla diagnosi sia alla cura dei pazienti?
Nell'ultimo ventennio molto è cambiato nella conoscenza e nella cura dell'emicrania, ma molto resta ancora da fare. Sono ancora diffusissime tra i pazienti (e anche tra alcuni medici purtroppo!) false credenze come, ad esempio, l'idea che la 'cervicale' causi mal di testa. Per non parlare della interminabile serie di emicranie scambiate per anni per sinusiti, problemi della vista o di masticazione. Ma il problema riguarda anche la terapia: solo una minima parte di donne tratta l'attacco con farmaci specifici (triptani). La maggior parte tira avanti con antinfiammatori ed analgesici che nella migliore delle ipotesi possono risultare inefficaci, ma che a volte presentano il conto con importanti problemi internistici, se usati in maniera incongrua. Inline, quasi nessuno è a conoscenza del fatto che l'emicrania si può prevenire mediante un'apposita profilassi, condotta assumendo giornalmente per alcuni mesi farmaci in grado di normalizzare l'abnorme eccitabilità cerebrale.

Specularmente, crede che la comunità medico-scientifica sia in grado di offrire un'assistenza integrata (ad esempio, sfruttando sinergie tra ginecologo e neurologo) alle donne con emicrania?
La comunità medico-scientifica ha dinnanzi a sé ancora molti compiti. In primo luogo quello di formare meglio i futuri medici: nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia pochissimo spazio è oggi destinato allo studio del dolore e dell'emicrania in particolare. Va inoltre migliorata l'integrazione tra il medico di medicina generale e lo specialista delle cefalee, troppo spesso tra di loro scollegati nella gestione del medesimo paziente. Infine è necessario consentire scambi culturali e assistenziali tra i diversi specialisti cui si rivolgono abitualmente i soggetti emicranici. Tra questi il ginecologo, l'oculista, il dentista, l'otorinolaringoiatra, l'internista, l'ortopedico, rappresentando purtroppo il neurologo molto spesso un interlocutore finale e tardivo del paziente con emicrania.

Quali sono oggi i comportamenti preventivi e i presidi terapeutici che una donna ha a disposizione per un trattamento appropriato dell'emicrania?
I comportamenti preventivi dell'emicrania sono spesso sottoutilizzati in Italia, ma hanno una loro possibile utilità. Alcuni esempi: evitare il digiuno a mezzogiorno, così frequente nella donna che lavori; contenere l'eccesso di caffè ed il fumo cui siamo indotti da una vita sempre più frenetica; rifuggire dal rito dilagante quanto deleterio per la donna emicranica

dell'aperitivo (spesso alcolico, assunto a digiuno o quasi, e quindi ancora più rapidamente assorbito); concordare con il ginecologo un metodo contraccettivo non ormonale quando la pillola peggiori la situazione; prediligere la pillola con solo progestinico o la pillola di tipo monofasico; usare un diario del mal di testa per rendersi conto di ciò che stia realmente accadendo, etc. Infine i presidi terapeutici di cui ho già fatto menzione: farmaci specifici, sintomatici, ma anche preventivi, ove necessario, assunti dopo prescrizione medica, meglio ancora se redatta da un esperto del settore.

Per chiudere, professore, la sua recente nomina a presidente dell'Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee (AIC) le consente di avere una prospettiva duplice: quella del medico e quella dei pazienti. Si tratta di prospettive convergenti?
L'emicrania è una patologia diffusissima e così gravemente invalidante da essere posta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità al 19° posto tra le malattie più disabilitanti per il genere umano, indipendentemente dal sesso. Medico e paziente devono essere a stretto contatto anche nelle associazioni di pazienti per dare maggiore forza propulsiva alle iniziative dirette al mondo scientifico, assistenziale, lavorativo ed istituzionale. L'emicrania non è un semplice mal di testa, ma una malattia che può segnare l'esistenza di una persona e dei suoi conviventi. Medici e pazienti, nelle diverse competenze, devono convergere nell'abbattere pregiudizi culturali ("tante storie per un semplice mal di testa...") e ingiustizie (per esempio, il mancato riconoscimento su base nazionale, Lombardia esclusa, dell'invalidità in caso di cefalea cronica farmacoresistente), indicando percorsi innovativi (per esempio, riabilitativi) per quell'enorme mole di pazienti emicranici che vaga per i centri cefalee di mezza ltalia in cerca non dell'ennesima pastiglia, ma di un trattamento integrato che rieduchi la percezione del dolore, allo scopo di riportarlo alla sua fisiologica funzione di difesa del nostro organismo.