Tra le varie sostanze che sono contenute naturalmente nei salumi o vengono aggiunte nelle varie fasi di lavorazione, alcune sembrano rivestire un ruolo nell’innesco degli attacchi di cefalea primaria, emicrania in particolare. Si tratta di nitrati, nitriti, monosodioglutamato (MSG), acidi grassi.

Nitriti e nitrati

Molti dei disturbi che sono associati al consumo di nitrati derivano in realtà dalla loro conversione in nitriti, che avviene prevalentemente nella saliva e nell’intestino. I salumi contengono dal 3.5 al 20% dell’introito giornaliero di nitriti, mentre il 2% proviene dai vegetali.

A fronte di ripetute segnalazioni cliniche relative al potenziale ruolo dei nitriti nell’innesco di attacchi di emicrania, pochissimi sono gli studi che ne dimostrano l’effettivo ruolo di trigger. Nello studio di Fukui et al. salsiccia, salame erano indicati come trigger rispettivamente dal 6.0% e dal 4.5% dei partecipanti. Un solo studio clinico controllato ha analizzato il reale effetto di innesco dei nitrati verso placebo. Si tratta di quello condotto da Henderson and Raskin condotto su 13 soggetti che presentavano costantemente attacchi di cefalea 30 minuti dopo l’assunzione di wurstel, pancetta affumicata, salame o prosciutto. Otto di questi soggetti hanno sviluppato cefalea dopo la somministrazione di una soluzione contenente nitriti, nessuno dopo la somministrazione di una soluzione di bicarbonato di sodio (utilizzato come placebo). Ancora più scarsi sono i dati relativi al possibile meccanismo d’azione. Si ritiene comunemente che questo si associ alla possibilità che hanno i nitriti di rilasciare ossido nitrico.

L’ossido nitrico è noto indurre attacchi simil-spontanei in soggetti con emicrania e cefalea a grappolo. Una mole consistente di dati sull’animale suggerisce che l’ossido nitrico sia in grado di attivare le terminazioni trigeminovascolari a livello meningeo con un duplice meccanismo che vede da un lato la dilatazione dei vasi, dall’altro delle modificazioni neurotrasmettitoriali a livello sia delle terminazioni trigeminovascolari, sia a livello centrale, tali da facilitare il fenomeno dell’infiammazione sterile a livello meningeo e la sensibilizzazione del sistema di trasmissione del dolore.

Monosodio glutamato

Viene aggiunto a molti cibi, in particolare in quelli di origine orientale, come esaltatore di sapidità per sfruttare il quinto senso del gusto, noto come umami. Oltre che nei salumi, si trova anche nei surgelati, cibi in scatola, condimenti per insalata, salse, snack e formaggi stagionati. Si ritiene sia il responsabile della sindrome del ristorante cinese, termine coniato da Kwok ad indicare la comparsa di cefalea, arrossamento al volto, palpitazioni, sudorazione, parestesie ed edema al volto a breve distanza (15-60 minuti) dall’assunzione di quantità rilevanti di MSG a stomaco vuoto. Uno studio randomizzato in doppio cieco verso placebo ha analizzato la riproducibilità dei sintomi in un gruppo di soggetti che avevano presentato intolleranza al MSG. Le due dosi più alte (2.5 e 5 gr) in effetti causavano la comparsa dei sintomi in una percentuale maggiore di soggetti rispetto al placebo, mentre a dose più bassa (1.25 mg) il MSG non causava alcun problema. Va notato che quando il MSG è stato somministrato insieme al cibo in soggetti con anamnesi negativa per intolleranza, non è stata osservata alcuna risposta cefalalgica. Alcune stime hanno permesso di quantificare in 1.8% la percentuale di soggetti che presentano intolleranza al MSG in seguito alla somministrazione di quantità piuttosto elevate. Poiché il monosodio glutamato è un potente vasocostrittore la sintomatologia associata alla sindrome da intolleranza al MSG è verosimilmente di natura vascolare e andrebbe più correttamente inquadrata come cefalea secondaria.

In un trial recente, Shimada et al. del 2013 hanno dimostrato che un consumo quotidiano di 150mg/kg di glutammato monosodico causava cefalea e vertigini nel 57% dei soggetti in esame. Dallo studio è inoltre emerso un aumento delle pressioni sistoliche e diastoliche. Uno studio del 2011 di Shi et al. ha evidenziato che un consumo quotidiano di MSG per oltre 5 anni si correla con un incremento della pressione sistolica, in particolare nelle donne rispetto agli uomini. L’aumento della pressione indotte da MSG potrebbe pertanto spiegarne l’effetto sulla cefalea.

Secondo alcuni studi, il MSG potrebbe rappresentare un trigger dell’emicrania in virtù della teorica possibilità di attivare i recettori glutamatergici, causando in tal modo il rilascio di neurotrasmettitori o neuromediatori, tra cui teoricamente anche l’ossido nitrico [20], oppure potrebbe avere un effetto diretto sui neuroni del sistema trigeminovascolare. Baad-Hansen et al. hanno riportato un aumento della dolorabilità dei muscoli pericranici in soggetti sani dopo la somministrazione orale di MSG in soggetti sani. In letteratura mancano tuttavia studi in cui si valuti la possibile induzione di attacchi simil-spontanei in soggetti con cefalea primaria. E’ altresì vero che gli studi clinici volti a dimostrare l’effetto di trigger del MSG nell’emicrania hanno dato risultati piuttosto discordanti: secondo Fukui et al. solo il 2.5% degli emicranici indica il MSG come trigger, mentre la percentuale sale al 12.9% nello studio di Scharff et al.

Acidi grassi

Una dieta ricca di grassi, contenuti in elevate quantità in alcuni salumi, sembra essere associata all’emicrania. Il 17% degli emicranici attribuisce il ruolo di trigger ai cibi grassi, mentre altri Autori suggeriscono che gli emicranici tendano a consumare quantità più elevate di grassi rispetto ai controlli.

Gli acidi grassi, in particolare il linoleico, possono svolgere un ruolo meccanicistico nell’innesco degli attacchi emicranici attraverso il rilascio di serotonina dalle piastrine con conseguente vasodilatazione sui vasi cranici.

Consigli utili

La presenza di trigger legati all’alimentazione viene riferita da circa un quarto degli emicranici. Le cifre appaiono inferiori per la cefalea di tipo tensivo, rimanendo comunque rilevanti. Poiché le evidenze a favore di un effettivo ruolo di sostanze contenute nei salumi quali induttori di attacchi di cefalea primaria sono scarse, è importante che i pazienti siano informati del possibile ruolo di alcuni cibi nel favorire gli attacchi, ma anche del fatto che tale ruolo potrebbe essere limitato. Esiste probabilmente una sensibilità soggettiva ad alcuni alimenti che andrebbe ricercata e valutata attraverso l’uso di diari.

In generale ai soggetti in cui l’associazione fra l’ingestione di salumi e l’attacco di cefalea primaria appare possibile o probabile sulla base dei dati clinici e del monitoraggio mediante un diario della cefalea, risulta utile consigliare di:

  • limitare il consumo di salumi (insaccati e non insaccati) a 1-2 volte alla settimana, secondo le indicazioni riportate dalle Linee Guida per una Sana alimentazione italiana edite nel 2003 dall’INRAN, secondo i LARN 2014 (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia) la porzione indicata come standard quantitativo per salumi insaccati e non insaccati è pari a 50g., che corrispondono dal punto di vista pratico a 3-4 fette medie di prosciutto, 5-6 fette medie di salame o bresaola e 2 fette medie di mortadella.
  • consumare preferibilmente prodotti freschi, non conservati, per ridurre al minimo la percentuale di additivi presenti.
  • assicurarsi, attraverso un’attenta lettura delle etichette, del contenuto in glutammato o nitriti/nitrati come additivi impiegati per la preparazione del salume

Poiché il consumo di eccessive quantità di sale può associarsi ad un aumento della pressione arteriosa con possibili conseguenze negative sull’emicrania, appare inoltre opportuno limitare/evitare i prodotti ricchi di sale (vedi tabella 1)

Alcuni insaccati contengono quantitativi rilevanti di grassi saturi, nei soggetti con cefalea peggiorata da salumi, potrebbe essere utile proporre una dieta con ridotte quantità di grassi, soprattutto saturi. In tale direzione sembrano orientare alcuni dati della letteratura secondo cui tale dieta favorisce una diminuzione della frequenza, dell’intensità e della durata della cefalea e di conseguenza anche il numero di farmaci utilizzati.

Il dato è stato confermato in uno studio del 2014 in un gruppo di soggetti sottoposti ad una dieta vegetariana per un periodo di 4 settimane, dove viene evidenziato un miglioramento della sintomatologia. Appare inoltre utile consigliare al paziente una possibile alternativa al cibo incriminato secondo la tabella indicata sotto.

Salumi come causa di cefalea secondaria

Per alcune delle sostanze che sono state elencate nei paragrafi precedenti come possibile fattore trigger di cefalea primaria è stata dimostrata la possibilità di causare cefalea. In tal caso si tratta di una cefalea secondaria, attribuita all’uso di una sostanza o alla sua sospensione e definita dalla classificazione internazionale delle cefalee come Cefalea indotta da cibo e/o additivi alimentari, identificata da precisi criteri diagnostici (Tabella 3).

All’interno del gruppo delle cefalee indotte da cibo e/o additivi alimentari, si trova quella indotta da MSG, i cui criteri diagnostici sono elencati in tabella 4.

Tale tipo di cefalea presenta di solito carattere gravativo/ costrittivo o urente e si associa ad altri sintomi quali rossore del volto, sensazione di oppressione alla faccia ed al torace, sensazione di bruciore localizzato a livello del collo, delle spalle e/o del torace, vertigini e disturbi addominali. Da ultimo va ricordato che i salumi possono essere svolgere un ruolo in altre forme di cefalea secondaria, come quella da ipertensione arteriosa, poiché che contengono un’elevata quantità di sale, responsabile del fenomeno dell’ipertensione.

NOTA:
Estratto dal capitolo “Nutrizione e cefalee: i salumi come trigger” (a cura di M. Rondanelli, M.A. Faliva, C. Tassorelli) del Libro “Mangia sano che ti passa” di P. Barbanti e E. Jirillo (CIC Edizioni, 2016).