La Coca Cola cura il mal di testa? Ecco la verità

Quando si parla del rapporto tra alimentazione e mal di testa in senso inverso a quello che comunemente viene inteso, cioè di cibo come fattore peggiorativo del mal di testa, non si può non pensare subito ad uno dei più famosi prodotti commerciali, dall’iconica etichetta e il cui nome è noto in tutto il mondo, nato appositamente per curare il mal di testa delle ricche signore dalla borghesia di Atlanta, ma che dovette il suo universale successo a tutt’altri motivi: la Coca Cola!

Ebbene sì, la nota bevanda nacque proprio a questo scopo, ma in realtà la storia parte da molto lontano. Ora la ripercorriamo insieme. Sicuramente, occorre partire citando il neurologo, patologo ed antropologo brianzolo Paolo Mantegazza, laureatosi a Pavia nel 1854 e prolifico scienziato (noto, tra l’altro per i suoi originalissimi studi sulla fisiologia dell’amore e la fisiologia dell’odio). Il Mantegazza, occupandosi anche della fisiologia del dolore, nei suoi viaggi di studio nei paesi tropicali rimase molto colpito dalle innumerevoli proprietà della foglia di coca e dall’utilizzo a fini medici delle popolazioni indigene. Nei suoi vari testi, in cui descriveva minuziosamente i propri studi su quella pianta e le varie applicazioni cliniche a cui era destinata, ipotizzava un suo utilizzo soprattutto per un disturbo che colpiva prevalentemente le donne (pioniere della medicina di genere, scrisse pure un trattato intitolato “la fisiologia della donna”): l’emicrania. Gli studi del vulcanico scienziato italiano avevano molti estimatori. Tra di loro, nella vicina Corsica, un altro ecclettico personaggio, il chimico Angelo Mariani, decise di provare a tradurre in un prodotto commerciale il frutto del lavoro di Mantegazza.

Intuì che il modo migliore per estrarre i principi attivi dalla foglia di coca era la macerazione alcolica, che pensò bene di realizzare mediante l’infusione delle foglie di coca nel vino Bordeaux, rendendone il sapore più gradevole ed estraendo copiose quantità di cocaina che andavano ad arricchire il vino. Nacque così il vin Mariani, apprezzato da papi, politici e vari personaggi storici di tutto il mondo. Il successo del vin Mariani fu tale che ne nacquero molte imitazioni in giro per il mondo. Tra di esse quella del biochimico e farmacista americano John S Pemberton. Il suo Pemberton’s French Wine Coca (il vino francese alla coca di Pemberton) prevedeva nella preparazione, oltre al vino e alle foglie di coca, anche della caffeina estratta dalle noci di kola, una pianta africana in cui il contenuto del noto alcaloide è ben maggiore di quello dello stesso caffè. L’aggiunta della caffeina sicuramente rendeva il vino di Pemberton ancora più tonificante e attivante, ma la ragione per cui essa era stata inserita nella bevanda era per il noto effetto antiemicranico (di cui magari parleremo in futuro). L’adozione di norme proibizioniste sull’alcol nello Stato della Georgia spinse Pemberton a modificare la formula della sua bevanda, togliendo il vino ma aggiungendo l’anidride carbonica e lo zucchero. Nacque così, a causa del proibizionismo e del mal di testa, la celebre Coca Cola. Oggi, nessun medico o farmacista si sognerebbe di consigliare l’uso della Coca Cola ad un paziente cefalalgico, eppure molti pazienti raccontano di farne uso per contrastare il senso di pienezza gastrica e per un blando effetto analgesico (verosimilmente dovuto proprio alla caffeina).

A cura della Dott.ssa Valentina Nesci,
Farmacista e specializzanda in Farmacologia e Tossicologia Clinica
presso l’Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro.